Non è una di quelle ragazze che ti colpiscono per le forme, peraltro armoniose, o per l'abbigliamento eccentrico.
Bel volto ovale, impreziosito da due fossette che appaiono quando ride, incorniciato da due bande di capelli neri e lisci, bel sorriso, grandi occhi, bel portamento.
E' divertente e sa raccontare le cose in modo spiritoso con espressioni che ti fanno rotolare dalle risate ma...... quando si lavora diventa molto rigorosa, precisa, molto seria.
Bando alle ciance, insomma non si ride più .
Il nostro lavoro si svolgeva in tandem. Facevo qualche decina di foto, poi si scaricava la digitale per consentirle di fare le schede, con descrizione dell'oggetto, misurazione dello stesso e osservazioni varie.
Il brutto era quando doveva schedare le monete: oltre alla descrizione, quando erano leggibili, doveva prendere le misure e "pesarle".
Però io ogni tanto facevo dei pasticci con quelle stramaledette monete.
Capitò l'ultimo giorno in cui lavorammo al magazzino.
All'ultimo il direttore, persona capace e molto intelligente, tirò fuori, probablimente dalla cassaforte, un sacchettino di plastica contenente 59 monete d'oro, parecchi orecchini, sempre d'oro, e minuscoli gioiellini uno più bello dell'altro e, per velocità, pesò il sacchetto, per cautela, non si sa mai!
Non solo, volle che Robertina ed io andassimo a fotografare e schedare i reperti nel suo ufficio.
Insomma quegli oggetti non dovevano uscire dalla sua stanza.
Gli orecchini erano di una bellezza travolgente, gli anellini erano decorati da cornaline con delicate incisioni.
Spero di non usare termini impropri nella descrizione dei materiali.
Fin quando si trattò di fotografare i gioiellini andò tutto bene: man mano che li riprendevo li disponevo con la sequenza giusta sul tavolo dove Robertina lavorava, stando attenta a non fare pasticci anche perchè alcuni di loro erano simili.
Quando cominciai la ripresa delle monete cominciarono i guai.
Le monete non avevano teste e scritte ma solo scritte per cui dovetti inventarmi un metodo per non fotograre due volte la stessa faccia.
Ovviamente le scritte erano in arabo.
Purtoppo feci qualche pasticcio per cui non solo dovetti rifotografarle ma anche Robertina dovette rifare il suo lavoro di schedatura.
Non mi prese a male parole, che onestamete avrei meritato, ma i suoi occhi lampeggiaro in modo eloquente e gli accenti con cui si rivolse a me furono piuttosto vibrati.
A parte questo episodio andammo sempre d'accordo.
Si lavorava a ritmo serrato non solo nei locali destinati allo studio e alla riprese , ma arrivammo a lavorare anche in albergo per tre giorni di fila, supportate validamente dal nostro restauratore, Enrico.
C'era non so quale festività per cui gli edifici pubblici rimasero chiusi.
Il direttore che, come questo episodio mette in evidenza, era una persona intelligente, ci permise di portare fuori dai locali deputati alla conservazione , monete, sigilli ecc. onde consentirci di poter lavorare , visto che , come al solito i tempi erano stretti ed io volevo, oltre al resto, rifotografare le monete in bronzo riprese in modo poco soddisfacente all'inzio.
Staccavamo solo per mangiare e per fumare, io, qualche sigaretta.
Desidero parlare un poco di Enrico, ottimo restauratore della Soprintendenza Archeologica di Torino. Egli doveva partecipare, in sostituzione di una restauratrice, alla missione in Iraq nel 1972, ma a causa dei suoi doveri di leva fu sostituito da colui che in seguito diventò mio marito.
Provenivano tutti e due dallo stesso Istituto d'Arte di Faenza, presso cui si erano specializzati in restauro, ma mentre mio marito preferì la libera professione, Enrico fu "fagocitato" dal Centro Scavi e Ricerche per cui ha lavorato fino a non moltissimo tempo fà, sempre che le mie informazioni siano esatte.
Bravissimo nella sua professione, adattabile ad ogni situazione, sapeva mimetizzarsi tra gli arabi, grazie al suo aspetto: non altissimo, baffetti e, soprattutto buona conoscenza della lingua araba che, credetemi, è veramente una enorme risorsa.
E fu così che, durante i nostri dopocena, aggiunse notiziole interessanti a ciò che riguardava le missioni che mi ero perduta, perchè "tenevo" famiglia e con due bimbi piccoli non mi era certo possibile andare a lavorare all'estero.
Ci raccontò, oltre a numerosi altri episodi, di quando caddero i missili nel giardino accanto alla residenza della missione(sembra quasi il titolo del film omonimo) probabilmente durante la guerra del Golfo.
Si recò a Bagdad anche durante la guerra iniziata, come noto, nel 2003 per riorganizzare il laboratorio di restauro, viaggiando con il giubbotto antiprioiettile, rischiando la vita in pù di una occasione.
Mal di Oriente? Amore per il suo lavoro? Un pizzico e non tanto piccolo di incoscenza?
Forse tutto questo!
Con Robertina ogni tanto, dopo il lavoro, andavamo a fare shopping.
Amman era divisa in "cerchi" penso fossero zone, a mia vergogna non ho mai approfondito pensando che fossero enormi rotonde. La cosa che mi colpì molto fu salire in un taxi.
Ero abituata a quei taxi sfasciati di Bagdad, in cui la tappezzeria era solo un ricordo, le molle si infilzavano quasi nel sedere e, per aprire le portiere, spesso, non si capiva dove mettere le mani perchè mancava il rivestimento delle stesse e tutte le leve e molle erano a vista.
I taxi di Amman erano macchine "nuove", ben tenite, pulite e.. avevano il TASSAMETRO!
Robertina mi accompagnava nelle mie scorribande, stoicamente pochè essendo stata ad Amman solo 3 settimane prima aveva già "dato" con gli acquisti.
Comunque grazie a lei scoprii tanti negozietti interessanti presso cui trovai delle cosine graziose.
NON POTEVO TORNARE A CASA SENZA REGALI.
Mi avrebbero lapidata!
Finalmente il venerdì, due giorni prima della partenza riuscimmo ad organizzare una gitarella fuori "porta".
Anche questa volta Petra non potè essere considerata perchè, gli altri partecipanti alla missione, avendo avuto diversi giorni liberi, causati dalle festività locali, erano andati credo dappertutto, Petra compresa.
Comunque Robertina, Buteina, che era la direttrice del restauro di Bagdad e aveva
accompagnato i restauratori di cui ho parlato all'inzio, ed io passammo una bellissima giornata andando a visitare il Monte Mataba, ci recammo sulle rive del Giordano al di là delle quali vidi sventolare la bandiera israeliana e, immediatamente sul mio cellulare apparve il segnale del loro ripetitore. e provammo "l'emozione" di affondare i piedi nella spiaggia del Mar Morto.
Robertina non riuscì a trattenersi dall'andare a pucciare le sue zampette nell'acqua e spalmarsi i famosi fanghi fino alle ginocchia.
Come si può vedere in questa foto gli abitanti in gita preparano gli spiedini sulle fornacelle direttamente in spiaggia.
Ovviamente a noi arrivava solo il fumo!!
Al ritorno il nostro autista e Buteina, un donnone che era sicuramente il doppio di noi, rosi dalla fame, ci pilotarono verso un ristorantino, deserto nel pomeriggio inoltrato, dove ci servirono mezzo pollo a testa da mangiare rigorosamente con le mani.
Noi due ne mangiammo un pò mentre gli altri due, finito di sbranare le loro porzioni, si ripassarono i nostri avanzi.
Scriverei ancora per delle ore, mi sembra chiaro che sono una grande chiacchierona, ma i ricordi che qui non ho citato rimangono nel mio cuore e in quello della mia amica.
Finalmente partimmo, io a dire il vero ci sarei rimasta ancora un pò anche solo per andare in giro per siti e negozi, e poi la vita "normale" ci attendeva, non ultima l'emozione, credo condivisa da molti di perdere il bagaglio, fortunatamente poi recuperato dopo 15 giorni, a Caselle.
Ora sono qui a scrivere i miei ricordi che per fortuna sono belli come molto bello è pure il ricordo della "mia archologa" a cui questa ultima puntata è dedicata!!
Piccolo post scriptum: nella foto di gruppo io sono a sinistra, Buteina in centro e Robertina a destra.
E' divertente e sa raccontare le cose in modo spiritoso con espressioni che ti fanno rotolare dalle risate ma...... quando si lavora diventa molto rigorosa, precisa, molto seria.
Bando alle ciance, insomma non si ride più .
Il nostro lavoro si svolgeva in tandem. Facevo qualche decina di foto, poi si scaricava la digitale per consentirle di fare le schede, con descrizione dell'oggetto, misurazione dello stesso e osservazioni varie.
Il brutto era quando doveva schedare le monete: oltre alla descrizione, quando erano leggibili, doveva prendere le misure e "pesarle".
Però io ogni tanto facevo dei pasticci con quelle stramaledette monete.
Capitò l'ultimo giorno in cui lavorammo al magazzino.
All'ultimo il direttore, persona capace e molto intelligente, tirò fuori, probablimente dalla cassaforte, un sacchettino di plastica contenente 59 monete d'oro, parecchi orecchini, sempre d'oro, e minuscoli gioiellini uno più bello dell'altro e, per velocità, pesò il sacchetto, per cautela, non si sa mai!
Non solo, volle che Robertina ed io andassimo a fotografare e schedare i reperti nel suo ufficio.
Insomma quegli oggetti non dovevano uscire dalla sua stanza.
Gli orecchini erano di una bellezza travolgente, gli anellini erano decorati da cornaline con delicate incisioni.
Spero di non usare termini impropri nella descrizione dei materiali.
Fin quando si trattò di fotografare i gioiellini andò tutto bene: man mano che li riprendevo li disponevo con la sequenza giusta sul tavolo dove Robertina lavorava, stando attenta a non fare pasticci anche perchè alcuni di loro erano simili.
Quando cominciai la ripresa delle monete cominciarono i guai.
Le monete non avevano teste e scritte ma solo scritte per cui dovetti inventarmi un metodo per non fotograre due volte la stessa faccia.
Ovviamente le scritte erano in arabo.
Purtoppo feci qualche pasticcio per cui non solo dovetti rifotografarle ma anche Robertina dovette rifare il suo lavoro di schedatura.
Non mi prese a male parole, che onestamete avrei meritato, ma i suoi occhi lampeggiaro in modo eloquente e gli accenti con cui si rivolse a me furono piuttosto vibrati.
A parte questo episodio andammo sempre d'accordo.
Si lavorava a ritmo serrato non solo nei locali destinati allo studio e alla riprese , ma arrivammo a lavorare anche in albergo per tre giorni di fila, supportate validamente dal nostro restauratore, Enrico.
C'era non so quale festività per cui gli edifici pubblici rimasero chiusi.
Il direttore che, come questo episodio mette in evidenza, era una persona intelligente, ci permise di portare fuori dai locali deputati alla conservazione , monete, sigilli ecc. onde consentirci di poter lavorare , visto che , come al solito i tempi erano stretti ed io volevo, oltre al resto, rifotografare le monete in bronzo riprese in modo poco soddisfacente all'inzio.
Staccavamo solo per mangiare e per fumare, io, qualche sigaretta.
Desidero parlare un poco di Enrico, ottimo restauratore della Soprintendenza Archeologica di Torino. Egli doveva partecipare, in sostituzione di una restauratrice, alla missione in Iraq nel 1972, ma a causa dei suoi doveri di leva fu sostituito da colui che in seguito diventò mio marito.
Provenivano tutti e due dallo stesso Istituto d'Arte di Faenza, presso cui si erano specializzati in restauro, ma mentre mio marito preferì la libera professione, Enrico fu "fagocitato" dal Centro Scavi e Ricerche per cui ha lavorato fino a non moltissimo tempo fà, sempre che le mie informazioni siano esatte.
Bravissimo nella sua professione, adattabile ad ogni situazione, sapeva mimetizzarsi tra gli arabi, grazie al suo aspetto: non altissimo, baffetti e, soprattutto buona conoscenza della lingua araba che, credetemi, è veramente una enorme risorsa.
E fu così che, durante i nostri dopocena, aggiunse notiziole interessanti a ciò che riguardava le missioni che mi ero perduta, perchè "tenevo" famiglia e con due bimbi piccoli non mi era certo possibile andare a lavorare all'estero.
Ci raccontò, oltre a numerosi altri episodi, di quando caddero i missili nel giardino accanto alla residenza della missione(sembra quasi il titolo del film omonimo) probabilmente durante la guerra del Golfo.
Si recò a Bagdad anche durante la guerra iniziata, come noto, nel 2003 per riorganizzare il laboratorio di restauro, viaggiando con il giubbotto antiprioiettile, rischiando la vita in pù di una occasione.
Mal di Oriente? Amore per il suo lavoro? Un pizzico e non tanto piccolo di incoscenza?
Forse tutto questo!
Con Robertina ogni tanto, dopo il lavoro, andavamo a fare shopping.
Amman era divisa in "cerchi" penso fossero zone, a mia vergogna non ho mai approfondito pensando che fossero enormi rotonde. La cosa che mi colpì molto fu salire in un taxi.
Ero abituata a quei taxi sfasciati di Bagdad, in cui la tappezzeria era solo un ricordo, le molle si infilzavano quasi nel sedere e, per aprire le portiere, spesso, non si capiva dove mettere le mani perchè mancava il rivestimento delle stesse e tutte le leve e molle erano a vista.
I taxi di Amman erano macchine "nuove", ben tenite, pulite e.. avevano il TASSAMETRO!
Robertina mi accompagnava nelle mie scorribande, stoicamente pochè essendo stata ad Amman solo 3 settimane prima aveva già "dato" con gli acquisti.
Comunque grazie a lei scoprii tanti negozietti interessanti presso cui trovai delle cosine graziose.
NON POTEVO TORNARE A CASA SENZA REGALI.
Mi avrebbero lapidata!
Finalmente il venerdì, due giorni prima della partenza riuscimmo ad organizzare una gitarella fuori "porta".
Anche questa volta Petra non potè essere considerata perchè, gli altri partecipanti alla missione, avendo avuto diversi giorni liberi, causati dalle festività locali, erano andati credo dappertutto, Petra compresa.
Comunque Robertina, Buteina, che era la direttrice del restauro di Bagdad e aveva
accompagnato i restauratori di cui ho parlato all'inzio, ed io passammo una bellissima giornata andando a visitare il Monte Mataba, ci recammo sulle rive del Giordano al di là delle quali vidi sventolare la bandiera israeliana e, immediatamente sul mio cellulare apparve il segnale del loro ripetitore. e provammo "l'emozione" di affondare i piedi nella spiaggia del Mar Morto.
Robertina non riuscì a trattenersi dall'andare a pucciare le sue zampette nell'acqua e spalmarsi i famosi fanghi fino alle ginocchia.
Come si può vedere in questa foto gli abitanti in gita preparano gli spiedini sulle fornacelle direttamente in spiaggia.
Ovviamente a noi arrivava solo il fumo!!
Al ritorno il nostro autista e Buteina, un donnone che era sicuramente il doppio di noi, rosi dalla fame, ci pilotarono verso un ristorantino, deserto nel pomeriggio inoltrato, dove ci servirono mezzo pollo a testa da mangiare rigorosamente con le mani.
Noi due ne mangiammo un pò mentre gli altri due, finito di sbranare le loro porzioni, si ripassarono i nostri avanzi.
Scriverei ancora per delle ore, mi sembra chiaro che sono una grande chiacchierona, ma i ricordi che qui non ho citato rimangono nel mio cuore e in quello della mia amica.
Finalmente partimmo, io a dire il vero ci sarei rimasta ancora un pò anche solo per andare in giro per siti e negozi, e poi la vita "normale" ci attendeva, non ultima l'emozione, credo condivisa da molti di perdere il bagaglio, fortunatamente poi recuperato dopo 15 giorni, a Caselle.
Ora sono qui a scrivere i miei ricordi che per fortuna sono belli come molto bello è pure il ricordo della "mia archologa" a cui questa ultima puntata è dedicata!!
Piccolo post scriptum: nella foto di gruppo io sono a sinistra, Buteina in centro e Robertina a destra.
1 commento:
Dì la verità... altrochè "se non avessi portato i regali mi avrebbero linciata.." Non avresti TU resistito a suk!!
Being Simone
Posta un commento