Il 2001 fu un anno molto importante ed intenso per me.
Febbraio, un mese a Baghdad.
Luglio, soluzione di problemi personali.
Agosto, una settimana ad Askabad.
Settembre, la caduta delle torri gemelle. Questo evento tragico per tutto il mondo per me significò, forse egoisticamente, lo sfumare delle speranze della riapertura degli scavi in Iraq e probabilmente di una mia eventuale collaborazione.
In questo post, desidero però parlare del viaggio in Turkmenistan, proposto in modo inatteso e che rappresenta un gradito ricordo.
Infatti all'inizio di agosto fui convocata in Dipartimento dal Direttore scientifico della missione in Turkmenistan e precisamente a Nisa vecchia.
Documentandomi inseguito, da quella grande ignorante qual sono, scoprii che Nisa è un importantissimo sito archeologico.
Mi sembra veramente riduttivo parlare del Prof. Invernizzi come direttore scientifico degli scavi a Nisa e, per trovare una formula soddisfacente circa i suoi titoli accademici sono andata a cercarli su Google e lì sono rimasta esterrefatta anche dal numero di pubblicazioni prodotte durante la sua carriera.
Chi avesse voglia di approfondire faccia come ho fatto io.
Mi propose, quindi, di andare colà a fotografare una testa in terra cruda, se non capii male, raffigurante Mitridate e conservata nel museo della città.
Era stata fotografata altre 2 volte, ma il risultato non lo aveva soddisfatto e dovendo, credo, pubblicare i lavori della missione , aveva bisogno di foto belle.
Il Professor Invernizzi, devo dire è molto esigente e quindi.....
Io non sapevo neanche dove si trovasse questo Turmenistan, (ignorante, vero?) ma andai a controllare subito sull'atlante e pensai: "Capperi, è lontanuccio!"
La seconda cosa che feci fu precipitarmi in cantina per misurare la lunghezza delle aste porta lampade, onde acquistare un borsone che potesse contenere tutta la mia attrezzatura.
Decatlon mi aiutò a risolvere il problema.
Dovetti portare anche un trolley che conteneva tutte e due le macchine fotografiche.
La digitale non compariva ancora sui miei orizzonti.
Mi ricordo che partii da sola il 23 di agosto, con armi e bagagli con cambio aereo a Francoforte, sosta nella notte di un'ora a Baku che si affaccia, se non ricordo male sul Mar Nero.
Finalmente arrivai a destinazione verso le 11 di sera, ma la conclusione del mio viaggio fu complicata da un impiegato inefficiente che impiegò una vita per il controllo dei passaporti.
Ad attendermi pazientemente c'erano Alessandra e Vito, due eroici membri della missione.
Riuscii ad andare a letto, nei locali adibiti agli alloggiamenti della missione, dopo un viaggio di quasi mezz'ora, verso le 3 del mattino, ma alle 7 ero di nuovo in piedi.
Bisognava andare al museo, presso il quale era custodita la testa che dovette essere prelevata dalla sala in cui era esposta. Non oso nemmeno immaginare quali difficoltà burocratiche il direttore della Missione dovette superare per ottenere il permesso per le riprese.
Ricordo ancora che piazzai le mie lampade e tutto il resto, ma una lampada bastarda non ne voleva sapere di accendersi. Per fortuna un elettricista intervenuto prontamente, risolse il problema.
Poi finalmente arrivò Lei, bellissima , anche se purtroppo mancava una parte del volto, la destra se non vado errata.
Mi ricordo che fu un bellissimo lavoro, a me piace fotografare oggetti, e quel reperto era veramente eccezionale, anche perché gli scavi erano stati avari di ritrovamenti interessanti.
Ma la cosa che mi piacque di più fu rappresentata dal fatto che nel mio lavoro fui affiancata da Vito , giovane archeologo, gentile ed adorabile, che mi aiutò nell'illuminazione del reperto.
Io so come illuminare una testa, ho fotografato infatti centinaia di ritratti in marmo che mio marito doveva restaurare, prima , a volte durante e dopo il restauro,
Ma l'avere accanto un archeologo che sapeva esattamente quali dettagli dovevano emergere con la luce, in quanto conosceva a fondo l'oggetto e che io non potevo cogliere, fu per me una cosa veramente preziosa.
Infatti quando il Prof. Invernizzi vide le diapositive che erano di 6x 7 cm. quindi molto grandi, guardandole velocemente controluce disse subito che andavano bene.
Un mese dopo il libro relativo gli scavi era già in pubblicazione.
Fotografai anche altri oggetti e, come al solito, lottando contro il tempo perché l'orario di chiusura del Museo si avvicinava, ma la cosa più importante era stata ripresa.
Desidero parlare dell'alloggiamento della missione che ai partecipanti, quell'anno sembrava particolarmente confortevole, non oso pensare come fosse prima.
I missionari erano ospitati nei locali di una scuola elementare chiusa per le vacanze estive distante da Askabad una mezz'ora di macchina.
I banchi erano stati tutti radunati in una stanza e le aule erano state attrezzate a camere da letto, alcune munite di quelle zanzariere pendenti dal soffitto acquistate da Ikea.
Le zanzare non me le ricordo ma il caldo sì.
La stanza adibita a zona giorno/ sala da pranzo era dotata di un lungo tavolo coperto da un'incerata che Claudio, l'architetto puliva religiosamente con del disinfettante o sgrassatore .
C'erano delle bottiglie di acqua minerale, ma quell'anno andavano di lusso perchè gli anni prima non c'era neanche quella.
Un grosso boccione conteneva dell'altra acqua in cui una donna che fungeva da cuoca, versava alcune gocce di Amuchina.
Non ricordo bene cosa preparò da mangiare in quei due giorni che rimasi lì, ma ricordo che preparò della pasta fatta in casa che Claudio chiamò "straccetti".
Sembra anche, ma lo avevo proprio rimosso, che io preparai del sugo, scottando dei pomodori in acqua bollente onde ottenere una sorta di pelati, e con una cipolla e un po' d'olio preparai questo semplice condimento di cui Claudio conservò il ricordo e per cui, a distanza di anni, mi ha ringraziato.
I servizi igienici erano veramente" singolari "e collocati all'esterno della scuola.
La doccia era stata allestita con un telo verde fissato ad una struttura tubolare e mi pare che ci fosse una specie di contenitore che faceva arrivare l'acqua a temperatura "solare" per il lavaggio e il risciacquo.
So di usare dei termini impropri ma penso di essere precisa nel ricordare il gabbiotto in muratura che fungeva da gabinetto vero e proprio dotato di porta, vorrei ben vedere, e di un foro centrale e fin qui ,diciamo così, tutto bene ma è rimasto indelebile l'odore terribile che vi regnava e costringeva a visite velocissime.
Bisognare e soprattutto uscire in apnea.
La missione era in regime di economia per cui i partecipanti, eroici, dovettero adattarsi a situazioni per nulla confortevoli.
So però che ora le sistemazioni sono più confortevoli.
Stavo quasi dimenticare che la missione oltre dagli archeologi e dall'architetto era affiancata da un traduttore perché gli operai parlavano il russo.
La domenica ci trasferimmo nella capitale perché la scuola doveva essere liberata per la ripresa delle lezioni.
E ad Askabad la sistemazione fu da sogno.
Albergo almeno a 4 stelle gestito da italiani. cucina da sogno.
Buffet per la colazione da far venire i lucciconi
Piscina.
Salone
Bar fornitissimo che la sera veniva animato da piriformi uomini d'affari e da leggiadre fanciulle con la missione di rendere più sopportabile la loro triste condizione di poveri ricchi.
Non girai molto anche perché il passaporto era stato trattenuto dalla polizia per pratiche varie.
Il mitico mercato di oggetti interessanti era troppo lontano e poi ci erano già stati tutti (sembra quasi la storia di Petra) per cui mi limitai a prendere d'assalto la boutique dell'albergo ed accodarmi a Claudio, il nostro architetto, che cercava dei tappeti.
Comprai delle borsette ricamate, 2 tappetini da appendere, piccoli e deliziosi dal punto fittissimo e che non ho ancora utilizzato, e poco altro.
Comprai anche 3 vasetti di pregiato caviale.
Due furono regalati ma non mi fu possibile assaggiare il terzo, ma la storia è troppo lunga.
Fui fortunata con la dogana per il caviale che non mi fu confiscato neppure in parte.
Mi hanno detto che l'astuzia ricorrente era rappresentata dal nascondere i vasetti nelle scarpe.
I doganieri lo sapevano già e quindi andavano a colpo sicuro.
La mia amica Robertina fu fortunata.
Se non ricordo male in quell'occasione misero le mani nella scarpa vuota.
La settimana volò in fretta e con la valigia ahimè non stracolma di regali, come di solito mi succedeva, ritornammo tutti a casa.
Ma quella settimana ad Askabad la ricordo ancora!
Febbraio, un mese a Baghdad.
Luglio, soluzione di problemi personali.
Agosto, una settimana ad Askabad.
Settembre, la caduta delle torri gemelle. Questo evento tragico per tutto il mondo per me significò, forse egoisticamente, lo sfumare delle speranze della riapertura degli scavi in Iraq e probabilmente di una mia eventuale collaborazione.
In questo post, desidero però parlare del viaggio in Turkmenistan, proposto in modo inatteso e che rappresenta un gradito ricordo.
Infatti all'inizio di agosto fui convocata in Dipartimento dal Direttore scientifico della missione in Turkmenistan e precisamente a Nisa vecchia.
Documentandomi inseguito, da quella grande ignorante qual sono, scoprii che Nisa è un importantissimo sito archeologico.
Mi sembra veramente riduttivo parlare del Prof. Invernizzi come direttore scientifico degli scavi a Nisa e, per trovare una formula soddisfacente circa i suoi titoli accademici sono andata a cercarli su Google e lì sono rimasta esterrefatta anche dal numero di pubblicazioni prodotte durante la sua carriera.
Chi avesse voglia di approfondire faccia come ho fatto io.
Mi propose, quindi, di andare colà a fotografare una testa in terra cruda, se non capii male, raffigurante Mitridate e conservata nel museo della città.
Era stata fotografata altre 2 volte, ma il risultato non lo aveva soddisfatto e dovendo, credo, pubblicare i lavori della missione , aveva bisogno di foto belle.
Il Professor Invernizzi, devo dire è molto esigente e quindi.....
Io non sapevo neanche dove si trovasse questo Turmenistan, (ignorante, vero?) ma andai a controllare subito sull'atlante e pensai: "Capperi, è lontanuccio!"
La seconda cosa che feci fu precipitarmi in cantina per misurare la lunghezza delle aste porta lampade, onde acquistare un borsone che potesse contenere tutta la mia attrezzatura.
Decatlon mi aiutò a risolvere il problema.
Dovetti portare anche un trolley che conteneva tutte e due le macchine fotografiche.
La digitale non compariva ancora sui miei orizzonti.
Mi ricordo che partii da sola il 23 di agosto, con armi e bagagli con cambio aereo a Francoforte, sosta nella notte di un'ora a Baku che si affaccia, se non ricordo male sul Mar Nero.
Finalmente arrivai a destinazione verso le 11 di sera, ma la conclusione del mio viaggio fu complicata da un impiegato inefficiente che impiegò una vita per il controllo dei passaporti.
Ad attendermi pazientemente c'erano Alessandra e Vito, due eroici membri della missione.
Riuscii ad andare a letto, nei locali adibiti agli alloggiamenti della missione, dopo un viaggio di quasi mezz'ora, verso le 3 del mattino, ma alle 7 ero di nuovo in piedi.
Bisognava andare al museo, presso il quale era custodita la testa che dovette essere prelevata dalla sala in cui era esposta. Non oso nemmeno immaginare quali difficoltà burocratiche il direttore della Missione dovette superare per ottenere il permesso per le riprese.
Ricordo ancora che piazzai le mie lampade e tutto il resto, ma una lampada bastarda non ne voleva sapere di accendersi. Per fortuna un elettricista intervenuto prontamente, risolse il problema.
Poi finalmente arrivò Lei, bellissima , anche se purtroppo mancava una parte del volto, la destra se non vado errata.
Mi ricordo che fu un bellissimo lavoro, a me piace fotografare oggetti, e quel reperto era veramente eccezionale, anche perché gli scavi erano stati avari di ritrovamenti interessanti.
Ma la cosa che mi piacque di più fu rappresentata dal fatto che nel mio lavoro fui affiancata da Vito , giovane archeologo, gentile ed adorabile, che mi aiutò nell'illuminazione del reperto.
Io so come illuminare una testa, ho fotografato infatti centinaia di ritratti in marmo che mio marito doveva restaurare, prima , a volte durante e dopo il restauro,
Ma l'avere accanto un archeologo che sapeva esattamente quali dettagli dovevano emergere con la luce, in quanto conosceva a fondo l'oggetto e che io non potevo cogliere, fu per me una cosa veramente preziosa.
Infatti quando il Prof. Invernizzi vide le diapositive che erano di 6x 7 cm. quindi molto grandi, guardandole velocemente controluce disse subito che andavano bene.
Un mese dopo il libro relativo gli scavi era già in pubblicazione.
Fotografai anche altri oggetti e, come al solito, lottando contro il tempo perché l'orario di chiusura del Museo si avvicinava, ma la cosa più importante era stata ripresa.
Desidero parlare dell'alloggiamento della missione che ai partecipanti, quell'anno sembrava particolarmente confortevole, non oso pensare come fosse prima.
I missionari erano ospitati nei locali di una scuola elementare chiusa per le vacanze estive distante da Askabad una mezz'ora di macchina.
I banchi erano stati tutti radunati in una stanza e le aule erano state attrezzate a camere da letto, alcune munite di quelle zanzariere pendenti dal soffitto acquistate da Ikea.
Le zanzare non me le ricordo ma il caldo sì.
La stanza adibita a zona giorno/ sala da pranzo era dotata di un lungo tavolo coperto da un'incerata che Claudio, l'architetto puliva religiosamente con del disinfettante o sgrassatore .
C'erano delle bottiglie di acqua minerale, ma quell'anno andavano di lusso perchè gli anni prima non c'era neanche quella.
Un grosso boccione conteneva dell'altra acqua in cui una donna che fungeva da cuoca, versava alcune gocce di Amuchina.
Non ricordo bene cosa preparò da mangiare in quei due giorni che rimasi lì, ma ricordo che preparò della pasta fatta in casa che Claudio chiamò "straccetti".
Sembra anche, ma lo avevo proprio rimosso, che io preparai del sugo, scottando dei pomodori in acqua bollente onde ottenere una sorta di pelati, e con una cipolla e un po' d'olio preparai questo semplice condimento di cui Claudio conservò il ricordo e per cui, a distanza di anni, mi ha ringraziato.
I servizi igienici erano veramente" singolari "e collocati all'esterno della scuola.
La doccia era stata allestita con un telo verde fissato ad una struttura tubolare e mi pare che ci fosse una specie di contenitore che faceva arrivare l'acqua a temperatura "solare" per il lavaggio e il risciacquo.
So di usare dei termini impropri ma penso di essere precisa nel ricordare il gabbiotto in muratura che fungeva da gabinetto vero e proprio dotato di porta, vorrei ben vedere, e di un foro centrale e fin qui ,diciamo così, tutto bene ma è rimasto indelebile l'odore terribile che vi regnava e costringeva a visite velocissime.
Bisognare e soprattutto uscire in apnea.
La missione era in regime di economia per cui i partecipanti, eroici, dovettero adattarsi a situazioni per nulla confortevoli.
So però che ora le sistemazioni sono più confortevoli.
Stavo quasi dimenticare che la missione oltre dagli archeologi e dall'architetto era affiancata da un traduttore perché gli operai parlavano il russo.
La domenica ci trasferimmo nella capitale perché la scuola doveva essere liberata per la ripresa delle lezioni.
E ad Askabad la sistemazione fu da sogno.
Albergo almeno a 4 stelle gestito da italiani. cucina da sogno.
Buffet per la colazione da far venire i lucciconi
Piscina.
Salone
Bar fornitissimo che la sera veniva animato da piriformi uomini d'affari e da leggiadre fanciulle con la missione di rendere più sopportabile la loro triste condizione di poveri ricchi.
Non girai molto anche perché il passaporto era stato trattenuto dalla polizia per pratiche varie.
Il mitico mercato di oggetti interessanti era troppo lontano e poi ci erano già stati tutti (sembra quasi la storia di Petra) per cui mi limitai a prendere d'assalto la boutique dell'albergo ed accodarmi a Claudio, il nostro architetto, che cercava dei tappeti.
Comprai delle borsette ricamate, 2 tappetini da appendere, piccoli e deliziosi dal punto fittissimo e che non ho ancora utilizzato, e poco altro.
Comprai anche 3 vasetti di pregiato caviale.
Due furono regalati ma non mi fu possibile assaggiare il terzo, ma la storia è troppo lunga.
Fui fortunata con la dogana per il caviale che non mi fu confiscato neppure in parte.
Mi hanno detto che l'astuzia ricorrente era rappresentata dal nascondere i vasetti nelle scarpe.
I doganieri lo sapevano già e quindi andavano a colpo sicuro.
La mia amica Robertina fu fortunata.
Se non ricordo male in quell'occasione misero le mani nella scarpa vuota.
La settimana volò in fretta e con la valigia ahimè non stracolma di regali, come di solito mi succedeva, ritornammo tutti a casa.
Ma quella settimana ad Askabad la ricordo ancora!
2 commenti:
Una splendida cronaca... pero' qualche foto ci stava.
un caro saluto e buon we, ciao
Cara Susy
foto non ce ne sono perchè non avendo il passaporto, che era stato trattenuto dalla polizia per le pratiche (lunghissime) non osavo quasi neanche uscire dall'albergo come non ne ho neanche di Bagdad prechè era meglio non fotografare in giro, visto il regime.
Pensa che per fotogtafare il retro del nostro Istituto ,vicino peraltro ad un ponte, sono stata accompagnata dal guardiano...per precauzione.Mi ha fatto molto piacere la tua visita.
Ciao
Grazia
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