mercoledì 12 settembre 2007
Beyrouth (parte quinta)
Finalmente era arrivato il momento di entrare nel vivo del lavoro vero e proprio. Il tempo stava passando ed avevo a disposizione due settimane per concludere le riprese, anche se probabilmente sarei riuscita a spostare la data del mio rientro, nel caso fosse stato necessario.
Per me gli inizi sono sempre un pò difficoltosi, anche perchè spesso non ho la percezione delle difficoltà che anche se minime possono far rallentare il lavoro o bloccarlo per qualche ora.
Il fatto di avere la luce nel capannone però non allungava di certo il numero di ore lavorative, perchè verso le 15 o le 16, non ricordo, il parco archeologico chiudeva e così anche noi dovevamo uscire.
La mia giornata era così articolata : sveglia quando capitava alle 5 o alle 6 , raramente più tardi perchè purtroppo dormo poco, ed arrivare all'ora in cui si doveva scendere per colazione voleva dire trovare qualcosa da fare oltre a prepararmi per il lavoro : certo non ci vuole una vita per infilare un paio di pantaloni ed indossare un golfino ( per fortuna pur essendo a metà dicembre il tempo era passabilmente caldo) e mettere in borsa la Canon e anche la Nikon. Il borsone grande contenente il cavalletto le lampade e accessori vari era rimasto a Saida e quindi era una cosa in meno da trascinare. Finalmente arrivava il momento di andare a fare colazione e devo dire che dal punto di vista gastronomico era il momento più gratificante della giornata. Oltre al caffè, latte , brioches e certi deliziosi plum-cake , c'era anche frutta fresca in coppe su un letto di cubetti ghiaccio, pomodori ,cipolle crude (non penserete che le abbia prese!), e in contenitori costantemente riscaldati dei legumi che potevano essere fagioli o fave. Credo di essere un tipo pratico ed un pensiero mi aveva trafitto: ma io a pranzo cosa mai potrò mangiare? a colazione non mi posso certamente ingozzare come un cinghiale, perchè più di tanto non riesco a mangiare ma dopo qualche ora un pò di famuzza mi viene e pensando a dove dovevo andare a lavorare e quanto distante fosse il paese pensavo sarebbe stato difficile trovare una soluzione, ma IO la trovai .
Per fortuna ero la prima ad arrivare e così senza sapere nè leggere, nè scrivere, facevo scivolare in borsa qualcosa vuoi una brioche , un pezzo di torta, qualche formaggino e vai!!!!! Alle 8 Bilal, l'autista in camicia e cravatta ( la cravatta era obbligatoria per la sua compagnia di taxi), mi raccattava davanti all'albergo e dopo 35 minuti mi depositava nel parco archeologico dove, ad attendermi c'erano già i miei aiutanti. La nostra diventò subito una vera catena di lavorazione: Abu Mohammad predeva una cassetta più o meno pesante che conteneva i pezzi architettonici ancora sporchi della terra di scavo,seguiva la spazzolatura, la ricerca sul pezzo del numero d'inventario, operazione non sempre facile in quanto alcune volte non era leggibile, la ricerca del corrispondente numero sulla lista che mi aveva dato Cristiana , posizionatura sul tavolo delle riprese, collocazione del metrino su cui avevo fatto aderire il numero che avevamo individuato nella lista, piazzamento delle luci e quindi uno, due o più scatti a seconda della complessità delle decorazioni, modanature, fregi e quant'altro.
L'archeologo deve avere a disposizione tutti gli elementi importanti che caratterizzano l'oggetto, l'illuminazione deve mettere in evidenza le modanature, come in questo caso , o se si tratta di terrecotte o di monete deve vedere anche quello che non sempre è "leggibile" e che una luce orientata in modo particolare rende possibile.
Senza contare il fatto che le mie foto sono spesso l'unica documentazione che ha del reperto, specialmente quando lo studio viene fatto a distanza dal luogo di conservezione dell'oggetto o quando lo stesso non è più facilmente reperibile.
Spesso anche quando gli oggetti erano spazzolati erano ancora talmente pieni di polvere che dovevo pulirmi le mani prima di toccare le macchine fotografiche.
Erano veramente bravi i miei aiutanti , bravi, gentili, pronti, intelligenti, adorabili. Ogni volta che mi porgevano qualcosa li ringraziavo con un "grazie" in italiano e sono sicura che mi capissero.
Il giovane Mohammed poi mi seguiva con particolare attenzione: quando dicevo "kadima" cioè vecchia sapeva che doveva andare nella borsa che conteneva la Nikon e portarmela anche perchè la "gidida" era la piccola Canon.
Quando l'oggetto da fotografare era particolarmente pesante e non volevo spostarlo anche perchè avevamo avuto problemi di posizionameto ,mi spostavo io col cavalletto , lo chiamavo e gli facevo vedere nel display dove doveva andarsi a piazzare con lo sfondo. Capiva subito tutto ed intanto pensavo che un ragazzo così in gamba probabilmente non aveva studiato nè avrebbe avuto la possibilità di farlo.
Ogni tanto interrompevo per fumare una sigaretta che offrivo anche ad Abu Mohammed, che gradiva molto , forse erano Marlboro e diceva che certe sigarette che fumava erano talmente pestilenziali che facevano cadere "matar" la pioggia.
Anche il problema pranzo fu risolto abbastanza in fretta , dopo uno o due giorni che ognuno si appartava per mangiare un boccone, alla fine consumavamo il pranzo insieme scambiadoci le nostre scorte.
Io davo a Mohammed i dolcetti , i formaggini, quello che avevo, insomma, e loro mi davano del pane arabo arrotolato che conteneva una specie di cosa zuccherina con fichi secchi che non era poi così malvagia. Poi ,inesorabile, arrivava il guardiano del parco e alè due o tre bicchieri di tisana, ma anche lì avevo risolto il problema della toielette, infatti avevo notato che a dispetto del fatto che dietro al capannone corresse una strada su cui transitavano in continuazione dei camions, contro in muro di contenimento era posizionati due grossi container ed io alla bisogna mi incastonavo come una gemma tra uno e l'altro. la prima foto è relativa al capannone dove lavoravo, la seconda rappresenta Mohammed.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Grande Mamma Zan,una soluzione per tutto e la prontezza per far fronte ad ogni genere di situazione.Anche se non riesco proprio ad immaginarti china tra due containers.... o forse sì,ora ti vedo nitidamente.
Aspettavo con ansia il tuo ritorno! Mi sei piaciuta, con questo senso pratico incredibile che ti permette di sfangartela in ogni situazione. La prosa è più piacevole e anche divertente. Direi che rispecchia a pieno il carattere della Mammazan che conosciamo.
Direi che la pausa estiva lontanta dal mondo tennnnologico ti ha fatto bene e ha dato una rinfrescata allo stile! Figliadorata
Posta un commento